Di fronte alla perdita del potere di acquisto determinata dall’inflazione quasi un cittadino su quattro (23%) si dice pronto a sacrificare i viaggi, il 16% a ridurre le spese di vestiario e il 12% ai consumi fuori casa e all’intrattenimento, che salgono sul podio delle rinunce in tempi di guerra. E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti Varese sulla base dei dati Ismea – Nielsen sui comportamenti delle famiglie per difendere i bilanci dai rincari.
Nella classifica dei tagli – riferisce la Coldiretti provinciale – seguono i prodotti dell’elettronica (13%), e a seguire cultura e divertimenti (7%), salute e bellezza (7%), carburanti e uso automobile (5%), consumi domestici gas e luce (4%), manutenzione dell’abitazione (2%) e per ultimo gli alimentari (1%). In relazione alla spesa alimentare – precisa Coldiretti Varese – pressoché tutte le famiglie temono un aumento dei prezzi dei prodotti di prima necessità, mentre solo la metà circa del campione esprime preoccupazione sulla diponibilità dei prodotti che di solito acquista.
Turismo, ristorazione e moda rischiano dunque di essere i settori più colpiti, dalla nuova fase di difficoltà economica alimentata dalla guerra in Ucraina, dopo aver già subito un duro colpo con la pandemia. Al contrario per non rinunciare al cibo le famiglie italiane – riferisce Coldiretti Varese – adottano nuove strategie di consumo razionalizzando la spesa, pianificandogli acquisti e riducendo gli sprechi, prestando maggiore attenzione al rapporto qualità prezzo e al rapporto prezzo/peso negli acquisti fino a programmare con la lista per evitare acquisti inutili.
Una strategia resa necessaria dall’esplosione dei prezzi nel carrello con aumenti che vanno dal + 63,5% dell’olio di semi che sta diventando introvabile al +8,4% del pane secondo la black list degli aumenti sullo scaffale elaborata dalla Coldiretti sulla base delle rilevazioni Istat sull’inflazione ad aprile 2022.
Se i prezzi di cibi e bevande sono aumentati in media del 6,3%, in cima alla classifica dei rincari ci sono gli oli di semi, soprattutto quello di girasole che risente del conflitto in Ucraina che è uno dei principali produttori e ha dovuto interrompere le spedizioni causa della guerra, mentre al secondo posto c’è la farina, con i prezzi in salita del 17,2% trainati dagli aumenti del grano, e al terzo il burro (+15,7%).
Rincari a doppia cifra – continua la principale organizzazione agricola prealpina – anche per la pasta (+14,1%) con la corsa agli acquisti nei supermercati per fare scorte, seguita da carne di pollo (+12,2%) e verdura fresca (+12%). A seguire nella graduatoria dei rincari ci sono frutti di mare con +10,2%, gelati a +9,5%, uova con +9,3%, mentre chiude la classifica il pane, che costa l’8,4% in più rispetto allo scorso anno.
Se i prezzi per le famiglie corrono l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne dovesi registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al + 129% per il gasolio con incrementi dei costi correnti di 15 mila euro in media ma con punte oltre 47 mila euro per le stalle da latte e picchi fino a 99 mila euro per gli allevamenti di polli, secondo lo studio del Crea.
Uno tsunami che si è abbattuto a valanga sulle aziende agricole con rincari per gli acquisti di concimi, imballaggi, gasolio, attrezzi e macchinari che stanno mettendo in crisi i bilanci delle aziende agricole. Secondo l’organizzazione agricola “occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni” come spiega il presidente di Coldiretti Varese, Fernando Fiori. “Nell’immediato bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con interventi immediati per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro”.